Filippo, l’uomo che conserva i corpi nel ghiaccio a -190 gradi

MIRANDOLA (Modena) - La prima volta che quella parola si affacciò nella sua vita era il 2009. Filippo Polistena, classe 1976 e accento che più calabrese non si può, viveva ancora a Vibo Valentia. «Un giorno», racconta, « mi chiama un signore e mi dice: sappiamo che la sua è un’azienda storica. Ma vi occupate anche di crionica? Non l’avevo mai sentita prima, gli ho risposto: ci risentiamo fra qualche giorno e le do tutte le informazioni che vuole. Ho riattaccato e ho cominciato a studiare...»

 

La terza via

È stato così che nella premiata agenzia di onoranze funebri Polistena - fondata in Calabria nel 1860 dal bisnonno di Filippo - ha messo radici l’idea di una terza via dopo la morte. «Mi sono detto: perché no?», ricorda lui. «Perché scegliere fra la sepoltura o la cremazione e scartare a priori la crioconservazione?». Così è arrivato il momento del primo caso italiano. «Nel 2013 mi ha cercato un ragazzo del centro Italia che non riusciva ad accettare la morte del padre. L’uomo era già sepolto ma lui voleva riesumarlo per poterlo crioconservare». Fra la prima volta che Filippo ci aveva pensato e la richiesta di quel ragazzo erano passati anni, studi e diversi incontri con una scienziata dell’Università di Mosca, Valeria Udanova, che con la sua KrioRus si occupa proprio di criopreservazione e mette a riposo i corpi, per dirla con le sue parole, in tre luoghi possibili: San Pietroburgo, Mosca o Sergej Posant.

 

Complicazioni burocratiche e legali

«Non le sto a dire a quante complicazioni burocratiche, legali, tecniche, logistiche sono andato incontro», ripensa Filippo, «ma alla fine sono riuscito a riesumare e far ibernare l’uomo come voleva suo figlio. Da allora in poi quello è diventato il mio lavoro, il mio futuro. Solo in minima parte mi occupo di sepolture o cremazioni. Mio fratello è rimasto a Vibo a tenere in piedi la vecchia azienda e io mi sono trasferito qui a Mirandola dove ho aperto la Polistena human cryopreservation».

 

Il trattamento

In realtà con l’ibernazione vera e propria lui non ha a che fare. La sua parte consiste nel pre-trattare e trasportare la salma tenendola a una temperatura che arriva gradualmente (con ghiaccio secco) fino a 30 gradi sotto zero. Quando l’aereo atterra, il corpo viene preso in consegna dalla KrioRus che lo porta in uno dei suoi stabilimenti, lo avvolge in un telo e lo immerge in azoto liquido a -190 gradi a testa in giù. Da quel momento in poi la persona non avrà più un nome, sarà identificata con codice. I costi di tutto questo? Per i malati terminali che decidono di morire in Russia viene organizzato per circa 20 mila euro il trasportato con jet privato o aereo con équipe medica e l’arrivo in una clinica della KrioRus. A quella cifra vanno aggiunti i 33 mila euro dell’ibernazione, per cento anni. Se invece si tratta del trasporto della salma i costi scendono a 7 mila euro, più l’ibernazione. Esiste anche la possibilità di ibernare soltanto il cervello: stessi costi di trasferimento e 18 mila euro per la crioconservazione.

 

«Chiedono anche per gli animali»

Dopo quel primo caso del 2013 Filippo ne ha trattati altri due, l’ultimo pochi giorni fa (e sono gli unici tre in Italia). Ma ha una quindicina di contratti già firmati o in via di definizione, «più donne che uomini, tutti dai cinquanta in su e più della metà con malattie gravi», spiega. E poi c’è un numero crescente di persone che chiamano per avere informazioni: «A centinaia», dice lui. «Qualcuno chiede anche dell’ibernazione di animali sulla quale sto cominciando a lavorare».

 

Una possibilità

Nel suo ufficio di Mirandola, Filippo ha appeso al muro un montaggio fotografico di bisnonno-nonno-padre al lavoro: dalla parata funebre d’inizio secolo alla carrozza di legno costruita da suo nonno. «Nella mia famiglia ci occupiamo dei morti da generazioni», racconta guardando le foto, «mio padre mi portò con lui la prima volta a riesumare un corpo che avevo 12 anni, non mi fece nessuna impressione il corpo in sé ma mi dispiaceva che quel tizio fosse finito così e ricordo che mi sono chiesto: è tutto quel che resta della vita? Peggio ancora pensare a quel che resta dopo le cremazioni. E invece trovo che la crioconservazione sia una bella possibilità. Il corpo è lì, ibernato ma c’è. La scienza fa progressi da gigante e passi a volte imprevedibili: chissà, un giorno potrebbe diventare possibile partire da un corpo ibernato per rigenerare cellule, per salvare un figlio o un nipote malato. Che male c’è a immaginare tutto questo?».

 

di Giusi Fasano

 

Fonte: http://www.corriere.it/cronache/18_gennaio_15/mirandola-conserva-corpi-ghiaccio-190-gradi-ibernazione-ec4358b6-fa05-11e7-b7a0-515b75eef21a.shtml#

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